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LA VIA FRANCIGENA DEL SUd

LA DIRETTRICE DELLA VIA TRAIANA E I RITROVAMENTI

Da Faeto a Leuca passando da Giuggianello con il ritrovamento eccezionale delle "ampolle del pellegrino"

Il tratto della Via Francigena del Sud oggetto del rilievo prende avvio dalle colonne romane di Brindisi, termine della Via Appia - la regina viarum - e conduce a Lecce, imponente capitale del barocco pugliese.

Qui l’itinerario vira decisamente verso est e si snoda tra gli ulivi, fino alla cittadella fortificata di Acaya, risalente al XVI secolo. Proseguendo verso il mare si raggiunge Otranto, la località più orientale d’Italia.

Entrando dalla Porta a Terra si attraversa il centro storico fino a giungere al Duomo, rinomato per il ricco mosaico del XII secolo che rappresenta l’Albero della Vita, una vera e propria enciclopedia di immagini della cultura medievale.

Da qui la via procede decisamente verso sud, intervallando uliveti a tratti costieri con viste mozzafiato.

Si raggiunge infine Leuca, punta del tacco e Finisterre italica; salendo alla Basilica di Santa Maria de finibus terrae lo sguardo spazia sui due mari, Adriatico e Ionio, che si fondono ad indicare in maniera simbolica il punto terminale di un itinerario partito da molto lontano.

La Via si sviluppa interamente nell’entroterra ma non per questo è meno scenografica; comincia a Lecce e attraversa le Serre salentine, la zona di altopiano caratterizzata da numerosi terrazzamenti ad uso agricolo.

Lungo il percorso si incontrano piccole cittadine impreziosite da artifizi barocchi e santuari ammantati di fascino e polvere che emergono dal mezzo del nulla, come Leuca Piccola, a pochi chilometri dal capo.

La Giunta regionale della Puglia ha approvato il tracciato del percorso pugliese della via Francigena.

L'azione si inserisce all'interno delle attività di valorizzazione e promozione che, la Regione Puglia, sta portando avanti sulla Via Francigena e i cammini, in stretta sinergia con l'Associazione Europea delle Vie Francigene.

(fonte: www.viefrancigene.org)

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Via Francigena – direttrice Via Traiana

Faeto - Celle San Vito - Castelluccio Valmaggiore (agro) - Troia - Orsara di Puglia (agro) - Castelluccio dei Sauri - Ascoli Satriano (agro) - Ordona -Orta Nova (agro) - Stornarella - Stornara - Cerignola - Canosa - Andria - Trani (agro) – Corato - Ruvo di Puglia - Terlizzi - Bitonto - Bari - Mola di Bari - Polignano a Mare - Monopoli - Fasano (agro) - Ostuni - Carovigno (agro) - Brindisi - San Pietro Vernotico (agro) - Torchiarolo - Surbo - Lecce - Lizzanello (agro) - Vernole - Melendugno (agro) - Calimera (agro) - Martano (agro) - Carpignano Salentino - Cannole - Palmariggi - Giuggianello (agro) - Giurdignano - Otranto - Uggiano La Chiesa - Minervino di Lecce - Santa Cesarea Terme (fraz. Vitigliano) - Ortelle (fraz. Vignacastrisi) - Diso (fraz. Marittima) - Andrano (agro) - Tricase - Tiggiano - Corsano - Alessano (agro) - Gagliano del Capo - Castrignano del Capo (fraz. Leuca);

Da Giuggianello passa per il versante nord-est affiancando l'antico villaggio medievale di Quattromacine e il Dolmen Stabile nel complesso megalitico dei Massi della Vecchia.

Qui la presenza dei viaggiatori e pellegrini è secolare ed è documentata grazie al ritrovamento delle Ampolle del Pellegrino provenienti dalla Terra Santa.

L’eccezionale ritrovamento di due ampolle da pellegrino nel casale medioevale di Quattro Macine ha spinto il Centro di Cultura a raffigurarne  una,  la più leggibile,  sul frontespizio della tessera sociale del 2019.

Due ampolle di piombo sono state trovate dal sig. Antonio Tunno, in seguito alle arature del 1995, sulla superficie di un fondo agricolo sito immediatamente ad est del luogo in cui sono stati individuati i resti di un casale medioevale, presso la Mass. Quattro Macine, Giuggianello(Le).

LE AMPOLLE DEL PELLEGRINO: DA COMPOSTELA A GIUGGIANELLO 

Di Paul Arthur - Università del Salento

Le ampolle sono identificabili come ampolle da pellegrino, vendute come contenitori di acqua santa in qualche importante santuario medioevale e, come tali, sono da considerarsi documenti significativi per la comprensione del rapporto tra casale e il mondo esterno

Il casale di Quattro Macine è oggetto di scavo e ricerche nell’ambito dell’Insegnamento di Archeologia Medioevale dell’ Università di Lecce (Dipartimento di Beni Culturali) sin dal 1991.

 

Vari elementi del casale sono stati identificati, compresi ben due luoghi di culto. Il più antico, forse fondato nel X-XI secolo, come suggerisce la prima fase della documentazione pittorica, è una piccola chiesa bizantina (tra 17 e 32 mq), di probabile fondazione privata. L’edificio venne costruito per contenere la sepoltura di un uomo di 30-35 anni di età, la cui tomba giace dinanzi all’altare .

 

La seconda chiesa, ben più grande (ca.100 mq), è a due navate con doppia abside, ed è di probabile età normanna. E’ plausibile, ma ancora da dimostrare, che quest’ultima fosse dedicata a s. Leonardo, in quanto il fondo in cui sono state rinvenute le ampolle era conosciuto con il nome di S. Linardo al momento della stesura del Catasto Onciario del 1753. Vista l’estensione di ceramica medievale in superficie, si può ipotizzare che le strutture del casale fossero presenti, in parte, anche verso il limite occidentale del suddetto appezzamento agricolo.

Le due ampolle sono simili ma diverse tra loro. Sono prodotte in piombo o una lega di piombo e stagno, sono appiattite in sezione, ma cave. Entrambe sono state prodotte in due pezzi, entro matrice. Le tracce della sbavatura sono abbastanza evidenti,particolarmente nel primo esemplare, dovute, presumibilmente, ad una loro produzione in massa per poter contenere il loro prezzo. I due manici servivano ad appendere le ampolle, spesso intorno al collo del pellegrino sebbene, al rientro in patria, potevano essere donate ed appese nella chiesa parrocchiale o in qualche luogo in cui si voleva beneficiare dalla protezione del santo, come nella casa o nelle stalle degli animali .

La prima ampolla, fortemente danneggiata, ma non lacunosa, presenta le superfici lisce. Su entrambi i lati è stata incisa, con uno strumento molto appuntito, una semplice e rozza croce.

 

La seconda ampolla è più complessa in quanto ambedue i lati sono decorarti, direttamente con la fusione in matrice. Un lato assume la forma di una conchiglia, identificabile come un pettine (pecten iacobeus). L’altro lato presenta un fiore dalla forma stellare a dieci petali.

Purtroppo, allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile assegnare le ampolle ad un santuario specifico. Il pettine sulla seconda ampolla è, chiaramente, la coquille Saint Jacques del santuario di Compostela nel nord-ovest della Spagna, divenuto  particolarmente importante a partire del XII secolo.

 

Esemplari di valve di pettine, anche perforate per essere tenute sospese, sono stati rinvenuti in più tombe medioevali, come a Rouen, in Francia, o a Casalrotto in Puglia, come anche presso la Chiesa di S. Maria d’Anglona, Tursi, in Basilicata.

E' possibile che qualcuno di questi rinvenimenti testimoni un viaggio compiuto a Compostela, ma è pur vero che il pettine venne assunto come simbolo generale del pellegrinaggio, in particolare verso la fine del medioevo.

Infatti, l’incredibile numero di pellegrini che si erano recati a Santiago de Compostela durante il medioevo, stimato tra i 0,5 e 2 milioni di anime all’anno, e che riportavano a casa con sè emblemi del pettine, ha fatto sì che la connotazione pettine = S.Giacomo sia stata gradualmente soppiantata dalla connotazione pettine = pellegrinaggio.

La metà delle 22 ampolle rinvenute da Salisbury in Inghilterra, per esempio, recavano la rappresentazione del pettine su un lato.

Il fiore sull’altro lato della seconda ampolla da Quattro Macine non riconduce facilmente ad un santuario preciso. Non sembra rappresentare la rosa di Maria, tipico simbolo dei santuari mariani, che a volte compare sulle ampolle.

Comunque, la distribuzione di simili ampolle da pellegrino, finora fortemente concentrate nel’Europa settentrionale, ed in particolare in Inghilterra, suggerirebbe che gli esemplari dal casale di Quattro Macine non provengono da un santuario italiano.

E sebbene il casale, sito nel territorio di Otranto, era posto vicino alla rotta per la Terra Santa le ampolle non sembrano affatto ricondurre ai famosi loca sancta levantini. Sono, infatti, le prime ampolle tardo medioevali che conosco da un villaggio medioevale in Italia, mentre un buon numero di ampolle, diverse per fattura dalle nostre, sono conosciute a Bobbio e a Monza. Inoltre, sono le uniche conosciute che provengono dall’Italia meridionale, salvo un esemplare rinvenuto a Santo Ianni Monaco (Crotone) in Calabria, databile probabilmente al XIII secolo 12.

L’uso di ampolle da pellegrino è testimoniato già nella seconda metà del XII secolo in alcuni santuari continentali, sebbene la loro grossa diffusione sembra appartenere al periodo tra XIII e XV secolo. Il tipo più vicino all’esemplare decorato da Quattro Macine è stato rinvenuto sia a Salisbury che a Londra, ed è probabilmente databile tra i XIV e XV secolo, periodo nel quale viene abbandonato il Casale.

Questi umili oggetti da Quattro Macine sono vivida testimonianza del fatto che anche le piccole comunità agricole erano coinvolte negli enormi flussi pan-europei e pan-mediterranei di pellegrinaggio, contribuendo anch’essi, allo sviluppo di quel fenomeno economico, sociale ed ideologico innescato dal richiamo dei grossi santuari religiosi.

(Le ampolle da pellegrino del casale di quattromacine nel contesto delle vicende plurisecolari legate ai personaggi dell'antichità cristiana - ccsr 2019)

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